Tradizione agricola
Dal centro di Caderzone Terme, proseguendo verso nord e prima di attraversare il ponte sul Sarca, una strada che si stacca sulla sinistra porta nell'ampia zona agricola detta «piana di Curio» che riceve il nome dall'antico maso. Una grande piana destinata al pascolo ed all'allevamento a stabulazione libera dove si concentra l'economia agricola di Caderzone Terme.
Qui possiamo ammirare vecchie case agricole caratterizzate da possenti murature per conservare il fieno come Maso Curio e Maso Ram, affiancati da nuovi insediamenti zootecnici.
Partendo dalla piana e con una facile passeggiata (transitabile anche in mountain bike), si può percorrere il sentiero delle stalle: il percorso inizia dalla fontanella in granito nei pressi dell'hotel Rio. A sinistra si imbocca la strada asfaltata che dopo la prima stalla prosegue lungo una sterrata: con un comodo saliscendi, entra in un curato boschetto di ontani fino ad incrociare una strada asfaltata. Verso destra si ritorna nella piana di Curio per la via della Pineta. Imboccando invece la strada sulla sinistra si sale verso il bosco fino a raggiungere il sentiero della salute. Seguendo la strada sterrata sulla destra, tra rustici masi al confine tra prato e selva, il sentiero ci conduce in località Bundal. Giunti in prossimità della passerella in legno s'imbocca la pista ciclabile per Pinzolo. Fiancheggiando per la ciclabile il fiume Sarca si torna all'abitato di Caderzone Terme.
LE MALGHE DI CADERZONE
Caderzone Terme è una viva comunità dedita "ad immemorabili" all'attività alpestre: qui le malghe sono l'elemento più rappresentativo della storia, cultura e tradizione locale che ha poi permesso la realizzazione, proprio a Caderzone Terme, del Museo della Malga. Con una peculiarità: sono site in luoghi incredibili, sia sotto il profilo paesaggistico che logistico.
LA VIA DELLA MALGA
Il carico dell'alpe, benchè la tradizione parli sempre di date fisse, avveniva dopo la metà di giugno. In base alla consistenza dell'erba ed alle condizioni meteorologiche la comunità prendeva la propria decisione. Iniziava il tutto con la raccolta del bestiame, all'alba in paese: vacche da latte, asciutte e vitelli venivano consegnate ai pastori addetti per quell'anno alla malga che, dopo averli accolti, li eccitavano a muoversi verso la "via della malga". La prima vacca che prendeva l'avvio veniva eletta la "regina" della malga per tutta l'estate: essa guidava la mandria in ogni occasione. I percorsi dai paesi all'alpe erano ormai stabiliti da passaggi millenari. Esistevano piazzole per la sosta e abbeveratoi di legno o pozze d'acqua lungo tutto il percorso. Il tragitto non durava più di una giornata: i pastori cercavano di giungere alla malga nelle prime ore pomeridiane, per far riposare le bestie e poterle liberare del latte di "prima mungitura".
ORIGINI ANTICHE
Le malghe di Caderzone Terme, da sempre, sono quattro, omonime ai luoghi di insediamento: malga Campo, Campastril, S.Giuliano e Garzonè. Purtroppo i documenti storici riguardanti la costruzione delle malghe di Caderzone, conservati dai Lodron (i signori di quel tempo) sono andati persi in un incendio. Rimane comunque un primo documento: è un regolamento del 1506 con il quale si disciplinava l'alpeggio. In particolare in questo documento si vietavano le capre in malga, poichè queste danneggiavano la già precaria vegetazione, e si stabiliva che ogni famiglia poteva tenere in affitto al massimo due vacche. D'estate infatti le genti del Bleggio, del Chiese e del Lomaso portavano a Caderzone il loro bestiame e lo affidavano alle famiglie del paese le quali lo portavano in malga e lo "allevavano". Al termine dell'estate le vacche venivano rese ai proprietari con i quali si dividevano i prodotti caseari ottenuti durante l'alpeggio.
DIMORE ESSENZIALI
Le malghe di Caderzone Terme sono costituite da edifici (casine e stallone) separati fisicamente e dediti all'assolvimento di una singola funzione: nella fattispecie distinguiamo infatti la casina del fuoco, la casina del formaggio, la casina del latte e lo stallone.
La "casina dal foc", di piccole dimensioni e costituita da un unico piano, giace solitamente in posizione più elevata rispetto allo stallone e serviva per l'alloggio dei malgari. Poco distante troviamo la "casina dal lat" dove veniva mantenuto fresco il latte. I prodotti della lavorazione venivano riposti nella "casina dal furmai", solitamente la più solida delle casine.
Data la notevole facilità di reperire grosse quantità di pietre provenienti da ammassi granitici, le strutture murarie sono realizzate, nella maggior parte dei casi, con grossi massi di tonalite, squadrati in modo più o meno rozzo, e posti in opera a secco. In alcune cascine le murature sono invece state realizzate con tronchi di larice. Singolare la mancanza di aperture al di fuori della sola porta d'entrata: questo ancora per sottolineare la spartanità degli edifici, l'assoluta ricerca dell'essenziale a testimonianza dei sacrifici e delle condizioni operative cui i malgari erano soliti giacere.
LA RAZZA RENDENA
La pratica dell'alpeggio ha permesso l'evoluzione nei secoli di una razza bovina autoctona che prende il nome dall'omonima valle: la razza Rendena. La selezione del "tipo" effettuata nei decenni scorsi viene definito dalla letteratura come bovino selezionato in Val Rendena soggetto a duplice attitudine, di taglia piccola, gentile, molto vivace, nevrile, a mantello uniforme di colore castano o castano scuro successivamente definito "Razza Bruna delle Giudicarie - Razza Rendena". Le origini di quest'ultima vanno collegate alle vicissitudini delle popolazioni della Val Rendena e delle Giudicarie.
LE ORIGINI
I primi documenti sul tipo di bovini allevati in queste zone risalgono agli inizi del 1700. Nel 1712 ci sarebbe stata la prima vera e consistente importazione documentata di bovini da vallate svizzere: proprio qui probabilmente gli allevatori della Rendena avevano trovato delle affinità con il loro bestiame indigeno che necessitava di un consistente ripopolamento: fase che terminò prima della fine del 1700. Il fattore determinante per l'evoluzione ed il mantenimento della razza, a testimonianza dell'importanza economica di tale settore nella Rendena, fu la minuziosa e saggia iniziativa intrapresa dagli allevatori dalla metà del 1700 ad oggi: vennero organizzate mostre e selezioni di capi dalla conformazione e caratteristiche razziali da destinarsi alla riproduzione. Così si istituirono i Consorzi di Monta gestiti dai Comuni vietando la riproduzione tra capi di diversa razza, il tutto volto alla selezione ed identificazione del "tipo". Durante il 1800 la razza si diffuse anche nelle zone limitrofe del bresciano e del vicentino proseguendo nella fase di definizione, selezione ed evoluzione della razza: basti pensare che solo in Rendena e Giudicarie si raggiunsero i 16.000 capi.
L'EVOLUZIONE
Gli inizi del 1900 non portarono buoni auspici per il futuro della razza Rendena, vuoi per l'inavvedutezza degli allora Ispettori Zootecnici, vuoi per la "svendita" dei capi migliori dagli allevamenti originari verso mercati di pianura più redditizi: probabilmente la Grande Guerra ed i deludenti risultati di incrocio con razze ritenute "perfette" annullarono i tentativi di insanguamento e di correzione morfologica voluti dagli Ispettori. L'errore commesso fu quello di considerare la Razza Rendena un semplice adattamento ambientale di una razza ritenuta perfetta quale la Razza Bruna. Si pensava di poter eliminare i difetti morfologici della prima senza tener conto dell'importanza dei fattori ambientali quali igiene, ricoveri, alimentazione, alpeggio e tecniche d'allevamento che avevano nel tempo determinato il fenotipo dell'animale. Furono proprio le particolari caratteristiche della razza Rendena, unitamente alla costituzione di Società di Allevamento ed alla riproduzione anche clandestina di capi puri degli allevatori più motivati, ad annullare i continui tentativi di insanguamento e sostituzione promossi dalla Zootecnia Ufficiale.
RAZZA RENDENA: L'A.N.A.R.E.
L'istituzione del Libro Genealogico Nazionale del 1976 e la successiva costituzione Associazioni Nazionale degli allevatori di Razza Rendena (A.N.A.R.E.) nel 1981 avviarono iniziative di studio e di prove atte alla conservazione e al miglioramento della razza. Tutt'oggi Caderzone è il luogo che conta il maggior numero di capi (circa 800) sui circa 4500 esistenti nell'arco alpino.
La Rendena è una razza a duplice attitudine, carne e latte, con propensioni maggiori verso questa seconda produzione, e questo è il fattore che maggiormente caratterizza anche il suo aspetto morfologico. Caratteristico il mantello liscio e uniforme con varie gradazioni di colore castano, più scuro nei maschi dove può essere quasi nero. Peculiari della razza sono anche i peli color avorio all'interno dei padiglioni auricolari, la striscia dorso lombare più chiara, le corna leggere, bianche alla base e nere in punta, e l'orlatura chiara del fusello di color ardesia. La giogaia piuttosto sviluppata nel toro, meno evidente nelle femmine. Gli arti e l'ossatura in genere sono robusti ma non grossolani.